In questi giorni di ristorazione al tempo del CoronaVirus, hanno fatto scalpore le dichiarazioni di Pierluigi Bersani sull’impatto del lavoro sommerso nella ristorazione.
Queste le parole dell’ex Ministro per lo Sviluppo Economico: “Non oso proporre l’assegno mensile ai ristoratori sulla base del reddito. Perché metto nei guai qualche milione di italiani, non cento. Diverso se fossimo in un Paese di fedeltà fiscale: in quel caso sarebbe una cosa automatica”.
Come accade puntualmente ogni volta che viene toccato questo argomento, le associazioni di categoria e molti esponenti noti del settore hanno alzato la voce per protestare.
È vero che tutti noi (perché oltre a essere consulente, anche io sono imprenditore nel settore ristorativo) siamo stufi di sentirci sempre indicare come la causa principale dell’evasione italiana e trattati alla stregua di criminali.
È verissimo, come tutti gli imprenditori sanno, che le PMI sono spesso bersagliate a sproposito.
In più la tassazione è una morsa difficile da sopportare, soprattutto quando ci troviamo a dover pagare l’anticipo IRPEF.
Ma dobbiamo essere onesti: se ogni volta che viene sollevato l’argomento Evasione&Ristorazione nella sfera pubblica si sviluppa un vespaio, è perché si va a toccare un nervo scoperto.
Secondo una ricerca effettuata nel 2020 da RestWorld e OCCCA sul mondo della ristorazione, il 91% degli intervistati afferma di aver vissuto esperienze di lavoro in nero e il 68% degli imprenditori ha ammesso di aver fatto uso di manodopera irregolare
Ma tralasciando le statistiche, prendiamo per esempio la mia storia.
Ho cominciato a lavorare nel mondo dell’ospitalità e della ristorazione a 15 anni. Pensate che all’epoca avessi firmato un contratto regolare?
Certo che no.
Eppure per me non era un problema, anzi.
Godevo nel mettermi più soldi in tasca (molti soldi) e le cose “funzionavano così.”
La mia percezione del nero si è poi formata durante i miei anni come Manager di grandi catene alberghiere.
In questi ambienti di lavoro internazionali non esisteva la parola “NERO”.
All’inizio rimasi sconvolto. Usavano tantissime tipologie di contratto ma ogni ora di lavoro me la ritrovavo sempre in busta paga.
E i soldi non erano per niente pochi!
Fu in quel periodo che cominciai a capire: il nero in Italia non è solo una scappatoia per sfuggire a uno Stato rapace e profittatore, ma è soprattutto una cultura diffusa a macchia d’olio in tutte le categorie, soprattutto nella ristorazione, la mia casa.
All’inizio credevo, perché mi era sempre stato raccontato così, che senza nero un’azienda in Italia non potesse andare avanti.
Me lo raccontavano sempre anche i grassi commercialisti, sempre un po’ alticci, a cui a notte tarda servivo l’ennesimo Negroni sbagliato.
Poi sono cresciuto e io stesso sono diventato Imprenditore. Per la prima volta mi sono ritrovato dall’altra parte della barricata e anche io ho dovuto decidere se fare nero o meno.
Forse in passato la fiscalità era meno flessibile e i contratti impossibili da interrompere, ma studiando e formandomi (e mandano affanculo un bel po’ di commercialisti incompetenti) capii il motivo per cui le grandi aziende internazionali non conoscono neanche il significato della parola “nero”.
Prova a chiedere un prestito in banca, anche in una filiale dove il direttore è tuo amico d’infanzia, e presentagli il tuo bilancio con il 30% o 40% di nero per ottenere un prestito. Non ti fanno neanche entrare!
E poi leggo su Facebook che le banche sono cattive!
RistoBusiness, la mia azienda, a marzo ha ottenuto un prestito di 75.000 euro senza alcun problema, quando la maggior parte dei ristoranti faceva fatica ad ottenere 20.000 euro garantiti dal governo.
E quando sarai stanco e con le braccia livide e gonfie, dopo anni di lavoro in cucina, con i figli che neanche ci pensano a rilevare l’attività dopo che hanno passato l’infanzia senza un padre perché era sempre a lavorare, cosa farai? Speri di vendere?
A chi? Con quei bilanci? E non raccontarti la favoletta dei cinesi con i soldi nella valigetta!
I tempi sono cambiati. Più passano gli anni, più quei contanti in nero che hai accumulato perdono di valore.
O ci paghi il personale o te li spendi in cocaina, come purtroppo molti si riducono a fare.
Perché diciamoci la verità, per molti versi il lavoro nella ristorazione è un lavoro di merda:
- Quando gli altri sono in vacanza, tu sei a lavoro
- Cominci a frequentare solo persone con i tuoi orari, come fanno le prostitute e i minatori
- Non riesci a sopportare il carico di stress e vai in esaurimento nervoso o ti rifugi nelle droghe o nell’alcool
Eppure tu alzeresti la mano se dovessi dire che ami il tuo lavoro?
Io sì, perché questo è un settore bellissimo.
Non esiste soddisfazione più grande del rendere soddisfatto e felice un cliente.
Per questo ti dico che proprio oggi, in questo 2020 di merda, è arrivato il momento di convertirti.
Convertiti rendendo il nero solo un colore.
Non sarebbe bello rispondere a testa alta ai sorrisini dei dipendenti pubblici, quelli che non si sono mai sporcati le mani in vita loro, quando ti dicono che loro le tasse le pagano?
Che quando parlano del debito pubblico abbassano la voce perché si sa che non tutti pagano quel che dovrebbero…
Per non parlare della paura che hai del tuo staff!
Quante volte ho parlato con ristoratori tenuti per le palle dal loro cuoco per via di situazioni contrattuali poco chiare.
Quanti hanno paura di cacciare quel dipendente che risponde male, che non arriva mai puntuale e che si frega pure qualcosa in cucina… ma se questo va dal sindacato a fare vertenza?
Perché lo sai benissimo che se il tuo staff lavora a nero, sotto sotto, ti odia.
E sicuramente raccoglie di nascosto evidenze da usare contro di te.
Perché nessuno è scemo.
Anche chi è con te da 10 anni e anche se lo tratti come un figlio.
È come nei matrimoni: le cose meglio metterle in chiaro subito.
Ti voglio anche dire l’ultima e importantissima ragione per cui dovresti approfittare di questa situazione di merda e convertirti subito in un’impresa sana.
Se il tuo utile sale in 12 mesi del 200%, stai sicuro che in un’annata normale ti arriva un bel controllo della finanza.
Ma quest’anno tra coronavirus, lockdown e conversioni al delivery, un incremento del fatturato non si noterà, o meglio, verrà lasciato passare (perché lo Stato vuole i nostri soldi e gli conviene se stiamo aperti, nonostante quello che vi raccontano “i guru della piangina”.
Quindi convertiti, fidati che la vita migliora.
Negli anni ho portato decine e decine di clienti in consulenza da una situazione all’altra e loro per primi ti possono assicurare che si vive molto meglio.
Per esempio Luca, un mio cliente storico, sotto la diretta di Ristoratori in Prima Linea di ieri ha scritto
E se ancora non sei convinto, ecco un estratto della mia omelia di ieri sulla ristorazione al tempo del CoronaVirus.
Se finalmente ti ho convinto che è il momento giusto per cambiare rotta e vuoi sapere come farlo, beh, ne ho scritto per 340 pagine.
Qui le trovi ancora in offerta speciale con spedizioni gratis e 2 video corsi in regalo
Concludo facendoti un ultimo appello.
È un momento difficile per tutto il settore, comprese le società di consulenza e formazione, proprio per questo ho deciso di lanciare un programma di dirette quotidiane gratuite, ogni giorno alle 15.30 nel Gruppo RistoBusiness.
In “Ristoratori in Prima Linea” mi metto a disposizione insieme a tutto il nostro gruppo composto da più di 3000 ristoratori. Ospiterò imprenditori e ristoratori che ci spiegheranno come stanno affrontando la crisi e come combatterla.
Perché da soli non siamo niente, ma insieme siamo inarrestabili.
Per questo ho bisogno anche di te. Entra nel gruppo e condividi la tua esperienza e i tuoi pensieri. Non esiste un imprenditore in ristorazione la cui opinione non sia importante in questo momento.
Per entrare in “Ristoratori in Prima Linea”, clicca qui
P.S.
Convertiti!
Facciamo i numeri
Emiliano